mercoledì 27 luglio 2016

Pallanuoto e Olimpiadi: João Havelange



Nel Brasile che partecipa, senza lasciare granché traccia, al torneo di pallanuoto dei Giochi olimpici del 1952 a Helsinki c’è un aitante trentaseienne con i capelli chiari e lo sguardo glaciale. Detta così, parrebbe uno scandinavo piuttosto che un sudamericano. E in effetti al nome tipicamente brasiliano (João) contrappone un cognome di origine europea, belga per la precisione: Havelange. Un curioso binomio che diventerà famoso, soprattutto quando la carriera da atleta sfocerà in quella dirigenziale.

Venuto al mondo come Jean Marie Faustino Godefroid Havelange a Rio de Janeiro nel 1916 - toh, per il suo secolo di vita i Giochi olimpici vanno in scena nella sua città natale -, cresce in una famiglia piuttosto agiata che lo manda a istruirsi nelle scuole più prestigiose.

Per quanto sia uno studente modello, Havelange eccelle pure nelle varie sezioni sportive della Fluminense: il suo primo amore è il calcio, ma è nel nuoto che inanella i maggiori successi. Addirittura, a soli 20 anni viaggia alla volta di Berlino per partecipare ai Giochi olimpici, dove tuttavia s’incaglia nelle prime batterie sia nei 400 che nei 1500 stile libero.

Si capisce fin da subito che Havelange non si accontenta di occupare un ruolo di primordine soltanto in vasca: già nel 1937 è direttore della squadra di pallanuoto del Botafogo.

Dopo la Seconda guerra mondiale prosegue la sua scalata al potere: diventa presidente della Federazione Paulista di nuoto nel 1949 per poi ricoprire la massima carica della Federazione Metropolitana di nuoto di Rio de Janeiro dal 1952 al 1956. 

Nel frattempo João, come è stato ribattezzato, è diventato un giocatore della nazionale di pallanuoto con cui vince l’argento ai Panamericani del 1951.

L’anno seguente, ai Giochi di Helsinki, i brasiliani ambiscono a un piazzamento più che dignitoso: battuti di misura dalla Spagna, superano il turno preliminare battendo 6-2 il Portogallo in un inedito scontro tra colonizzati e colonizzatori. Le successive sconfitte contro Sudafrica, ancora Spagna e il Belgio, dove affonda le proprie radici l’albero genealogico di João, nella fase a gironi costano ai sudamericani l’eliminazione. Prima del ritiro dall’attività agonistica c’è tempo per un bronzo ai Panamericani.

Havelange, intanto, è ormai stabilmente introdotto tra i dirigenti sportivi: è il capo della delegazione ai Giochi di Melbourne del 1956, è un membro del comitato olimpico nazionale e assume la presidenza della oggi defunta Confederazione brasiliana degli sport.

Poi, nel 1974, diventa il primo non-europeo a guidare la Fifa, il massimo organo calcistico mondiale. 

La sua controversa presidenza - è stato più volte accusato di corruzione e di gestioni poco trasparenti - si concluderà nel 1998 con l’elezione di Sepp Blatter: prima di lui nessuno era rimasto al potere così a lungo. A Rio le gare di atletica si svolgeranno nello stadio olimpico a lui intitolato.

(Articolo originariamente pubblicato su Il Tirreno del 25-07-2016)

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