mercoledì 1 settembre 2021

C'era una volta in America: la partita più lunga



È passata agli annali come la partita più lunga di sempre nel calcio americano. E probabilmente quei 176 minuti tra Dallas Tornado e Rochester Lancers sono un primato in generale - c'è un precedente di quasi tre ore e mezzo di una sfida di terza divisione inglese, a dirla tutta, ma era il 1946 e si giocava a pallone con regole ancora rudimentali. Qui no: siamo, o meglio eravamo, negli anni Settanta e in quel pezzo di storia - tanto per non farsi mancare nulla - c'è pure un viareggino purosangue. 

giovedì 8 ottobre 2020

Quando Viareggio piegò le V nere di Bologna



«Da Viareggio uno squillo di tromba». Se lo ricorda ancora quel titolo di giornale, Sandro Luporini, a distanza di settant'anni. Uno squillo di tromba che, oltre mezzo secolo dopo, s'è leggermene affievolito ma non s'è zittito proprio del tutto. Uno squillo di tromba che si levò, più o meno all'ora di pranzo di domenica 8 ottobre 1950, da un campo sportivo oggi sparito e che annunciò l'imponderabile: la matricola Assi Viareggio, al debutto assoluto nella Serie A di pallacanestro maschile, sconfigge nientemeno che la nobilissima Virtus Bologna. Follia pura. Da non crederci. 

mercoledì 1 aprile 2020

Quando Viareggio arrivò in Serie A di basket



La squadra di pallacanestro di maschile di Viareggio promossa in Serie A. Pronta a sfidare le grandi firme del basket - l’Olimpia Milano, Varese, la Reyer Venezia, la Virtus Bologna. No, non è un pesce d’Aprile, anche se la data odierna può legittimamente indurre a pensarlo: accadeva settant’anni fa precisi precisi, più o meno di questi tempi, nella primavera del 1950. Un’avventura esaltante, che consegnò l’Assi – questo il nome del quintetto – alla storia cittadina: nessuna squadra era mai arrivata così in alto se si eccettua la partecipazione del Viareggio alle eliminatorie del Torneo centro-meridionale, uno dei due raggruppamenti che nella stagione 1920-21 formavano la Prima Divisione, il massimo campionato dell’epoca.

lunedì 20 gennaio 2020

Intervista a Elena Linari



Manca una settimana a Natale. A Madrid è già scesa la sera ma non fa eccessivamente freddo. Sono alle pendici dell’immenso stadio Wanda Metropolitano: è qui che ho appuntamento per intervistare Elena Linari, difensore della Nazionale italiana e dell’Atlético femminile, per conto della rivista Undici. Mentre aspetto che lei abbia terminato il giro di visite negli ospedali in compagnia di Ángela Sosa, Adán e Vitolo, mi viene in mente un passaggio di “Maledetti toscani” di Curzio Malaparte: 


“I toscani han l’abitudine di non salutare mai per primi nessuno, nemmeno in Paradiso. E questo anche Dio lo sa. Vedrai che ti saluterà lui, per primo”.

Già, lei di Fiesole, io di Viareggio: come la mettiamo? La vedo finalmente sbucare e le vado incontro, più per cavalleria che timore che non mi veda: il piazzale è deserto. Ci rifugiamo nel ristorante di fianco allo store, anche se la cucina è ancora chiusa – e sono le otto. 


domenica 24 febbraio 2019

C'era una volta in America: Juli Veee



“America?”. È una calda e soleggiata domenica di Carnevale a Viareggio, il solito assaggio di primavera in pieno inverno. In un bar della Passeggiata si siedono quattro ragazzi. Un paio sono studenti americani di Berkeley che, per un anno accademico lontano da casa, hanno scelto l’ateneo di Padova. Gli altri sono due promesse del Vasas di Budapest, invitata alla Coppa Carnevale, il torneo di calcio giovanile vanto della città. 9 febbraio 1969. È una data che a Gyula Visnyei, diciottenne ungherese, cambiò la vita. Per sempre.

sabato 18 agosto 2018

1968: quando Năstase trionfò a Viareggio


Circolo del tennis di Viareggio, uno dei più antichi d'Italia. Mezzo secolo fa preciso preciso. È una domenica di metà agosto - il 18, per la precisione - e al fresco della Pineta di Ponente, il grande polmone verde immerso nel centro città, tutti attendono la finalissima del torneo.

In una metà del campo s'accomoda uno dei nomi illustri di quell’epoca, apprezzato specialmente come doppista: è lo jugoslavo Boro Jovanović.

Dall’altra, invece, scalpita un giovanotto talentuoso e sbruffone che famoso (eufemismo) lo diverrà invece di lì a poco: è rumeno, si chiama Ilie Năstase.

Le aspettative del pubblico non andranno deluse.

giovedì 12 luglio 2018

Cosa ci ha lasciato Francia 98



Le coppiette che si sbaciucchiavano e si giuravano amore eterno sulle struggenti note di “My heart will go on”, meglio se accompagnate da un ballo lento. I pomeriggi interminabili a consumare i videogiochi di calcio con “Song 2” dei Blur e “Tubthumping” dei Chumbawamba in sottofondo - tanto avete già capito dove voglio andare a parare. Le ragazzine che si strappavano i capelli per Nick Carter dei Backstreet Boys. Il brit pop ormai sdoganato a tutti gli effetti, le All Saints e le B*Witched che provano a scalzare le Spice Girls. Le calde, per non dire afose, sere d’estate con l’immancabile gelato in mano ma non il cellulare, ché all’epoca non era ancora un bene di consumo di massa.

Eh no, caro Platini: la storia del “piccolo imbroglio” nei sorteggi del Mondiale del 1998 non può cancellare i ricordi di noi trenta-e-qualcosa-enni che all’epoca eravamo degli ingenui adolescenti sognatori. E soprattutto, così a posteriori, non può rientrare nel lascito di un torneo che è stato la perfetta transizione dal calcio degli anni Novanta a quello “moderno” dai più vituperato -  ma che, cari seguaci della nostalgia, è germogliato proprio nel periodo storico che tanto rimpiangete.

venerdì 22 giugno 2018

Storie mondiali: la maglia della Mano de Dios


La rivincita sul campo di calcio tra argentini e inglesi dopo la guerra delle isole Falkland – o, se preferite, Malvinas. La mano de Dios propiziata da un colpo di genio (secondo gli ammiratori di Diego Armando Maradona) o da una furbata tipica del personaggio (a detta, invece, dei detrattori). Il gol più bello mai ammirato in uno stadio – e qui siamo tutti d’accordo. 

Argentina-Inghilterra, quarto di finale dei Mondiali messicani del 1986, è passata ai posteri per i motivi sopra elencati. 

Eppure c’è una bizzarra storia ai più sconosciuta legata alla partita che consacrò Maradona in tutte le sue sfaccettature – quella della maglia azzurra indossata proprio dallo scugnizzo argentino e dai suoi compagni di squadra.